nuova ondata covid
Nuova ondata covid: come affrontarla

Nuova ondata Covid, l’infezione si sta diffondendo

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Si sta diffondendo una nuova ondata di infezioni da Sars-Cov-2, il virus del Covid. Gli strumenti più importanti per i pazienti più fragili restano vaccini, profilassi con anticorpi monoclonali e terapia antivirale precoce

 

Nonostante si stia andando verso un’endemia, il virus da Sars-Cov-2 (Covid) continua a circolare, con una nuova ondata di infezioni, e si dovrà essere pronti ad assistere i soggetti infetti, in particolare fragili, cercando di evitare il sovraccarico assistenziale già visto che ha reso critico il funzionamento delle strutture di cura ospedaliere.

Non abbassare la guardia è la parola d’ordine, dando corso alle corrette pratiche vaccinali, trattando subito con le terapie adeguate disponibili queste particolari popolazioni e pensando a come organizzare le strutture sanitarie per accogliere i casi gravi.

In Regione Piemonte, la curva dei contagi al mese di marzo 2023 ha continuato a presentare un andamento stazionario di decrescita rispetto al periodo precedente. L’occupazione dei posti letto ordinari si attesta al 2,8%, quello della terapia intensiva allo 0,6%, mentre la positività dei tamponi è al 2,1%, ma non è chiaro cosa succederà nelle stagioni fredde, e soprattutto di fronte a criticità esistenti sul territorio nel percorso di cura e di assistenza del paziente fragile colpito dall’infezione Sars-Cov-2, come la mancanza di un monitoraggio preciso dell’utilizzo dei tamponi per via della diffusione del “fai da te” tra la popolazione e la grande difficoltà delle strutture intermedie di essere valvola di sfogo per i pazienti Covid domiciliati o in dimissione dall’ospedale.

Nuova ondata Covid: parlano gli esperti

Se ne parla nel corso dell’evento organizzato da Motore Sanità, con il patrocinio dell’Associazione di volontariato “Camminare insieme” e di Cittadinanzattiva Regione Piemonte, dal titolo “Piemonte e Covid-19 nel paziente a rischio ospedalizzazione. Come ottimizzare i percorsi dalla diagnosi all’accesso alla terapia appropriata”.

“Vaccini, profilassi con anticorpi monoclonali e terapia antivirale precoce rappresentano gli strumenti più importanti a nostra disposizione” queste le parole di Giovanni Di Perri, Direttore del Dipartimento di Malattie infettive dell’Ospedale Amedeo di Savoia e Direttore della Scuola di specializzazione in Malattie infettive dell’Università degli Studi di Torino.

“L’infezione da Sars-CoV-2 è definitivamente entrata a far parte stabile del novero delle comuni infezioni respiratorie. Questo grazie ad una immunità collettiva e soprattutto alla ridotta virulenza delle varianti. Rimane da proteggere un’ampia popolazione di soggetti vulnerabili, per età e malattie o condizioni associate”.

“L’infezione, dal punto di vista sia epidemiologico sia di controllo delle infezioni, cioè di gestione del paziente positivo al tampone, impegna le strutture sanitarie probabilmente più di quanto in passato sono state impegnate con altri patogeni respiratori virali, quindi assistiamo ad una discrepanza, perché siamo usciti da una fase epidemica nella quale l’Italia ha mostrato il valore dei suoi medici e dell’organizzazione ospedaliera e una fase più endemica nella quale sia i pazienti Covid malati che quelli Covid positivi richiedono quasi lo stesso impegno delle strutture sanitarie” interviene Francesco Giuseppe De Rosa, Professore Associato di Malattie Infettive, dell’Università degli Studi di Torino e Direttore di Malattie infettive dell’AOU Città della Salute e Scienza, presidio Molinette di Torino e Direttore di Malattie infettive all’ospedale Cardinal Massaia di Asti.

“La precocità di diagnosi e la precocità di valutazione dei fattori di rischio anche sul territorio sono di fondamentale importanza per la gestione anche delle terapie orali sul territorio da parte della medicina di base”. Per quanto riguarda le terapie antivirali, il professore De Rosa sottolinea che “ci sono, sono sul territorio prescrivibili dai medici di base e anche dagli infettivologi, ci sono negli ospedali e sono divise sia come terapia antivirale endovenosa sia in terapie precoce (3 giorni anziché 5 giorni)”.

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